(Adnkronos) – La conferma del “cumulo alla rinfusa” rappresenta un elemento imprescindibile per rafforzare i consorzi stabili e quindi per tutelare le piccole e medie imprese italiane
Brindisi, 4 novembre 2024.La bozza recante “Disposizioni integrative e correttive al Decreto Legislativo 31 marzo 2023, N. 36” interviene sull’art. 67 del Codice dei contratti pubblici modificando il regime di qualificazione dei consorzi stabili.
Il risultato – come afferma il Presidente del Consorzio stabile Buildscarl (associato ANCE), Angelo Contessa – è incomprensibile in quanto contrasta con la ratio e gli ottimi risultati prodotti dalla disciplina che vorrebbe modificare.
In effetti, la partecipazione alle gare dei consorzi stabili è da sempre regolata in modo unitario, mediante il principio del “cumulo alla rinfusa” che, in estrema sintesi, consente l’utilizzo della somma dei requisiti posseduti dalle singole consorziate.
Ebbene, si vorrebbe oggi modificare tale ininterrotta tradizione sostituendo la descritta operatività con le sole seguenti tre ipotesi, tutte inutili nella sostanza:
-Il consorzio stabile parteciperà sulla “base dei requisiti posseduti in proprio”;
-Il consorzio stabile parteciperà “sulla base dei requisiti posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni”;
-Il consorzio stabile parteciperà mediante “avvalimento” dei requisiti da parte delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto.
Quanto alla prima modalità, si osserva come, attualmente, nessun testo, normativo o regolamentare, disciplini le modalità di attestazione, “in proprio”, dei consorzi stabili.
Pertanto, oltre le considerazioni che seguiranno, s’imporrebbe, quantomeno, l’introduzione di una norma transitoria, analoga all’art. 225, comma 13, del D.lgs. 36 / 2023, salvo voler perseguire l’immediata cancellazione dei consorzi stabili dal mercato dei lavori pubblici.
Con riferimento alla seconda opzione, giova ricordare come tale soluzione, costantemente proposta nei precedenti Codici, sia stata sempre stralciata dai relativi correttivi, in quanto il consorzio stabile non darebbe alcuna utilità ad un operatore economico già munito dei requisiti per la partecipazione in proprio.
Ne discende che tale modalità relegherebbe il consorzio stabile ad uno strumento superfluo alla realtà dei cantieri.
Infine, davvero sorprende la terza soluzione che, alla luce di quanto sopra detto, si vorrebbe rendere la modalità operativa prevalente, se non esclusiva, di partecipazione dei consorzi stabili alle pubbliche gare.
A tal proposito corre l’obbligo di segnalare il generale sfavor dell’ordinamento e delle associazioni di categoria verso l’avvalimento che, difatti, ha sinora trovato progressiva limitazione.
Sul punto, tuttavia, ciò che davvero si rileva, ancora una volta, è la sostanziale inutilità, per le consorziate non indicate in gara, del previsto avvalimento.
In altri termini, non si comprende perché il consorzio debba mediare accordi direttamente possibili tra le singole consorziate, a prescindere dalla comune partecipazione all’ente collettivo.
Concludendo, non serve dilungarsi per affermare come l’eliminazione del generale ricorso al principio del cumulo alla rinfusa e la sua sostituzione con le ipotizzate modalità di partecipazione alla gara di fatto espellerebbe i consorzi stabili dal mercato degli appalti pubblici.
La scelta è davvero incomprensibile in quanto, salvo altro:
proviene da un esecutivo che dichiara, come pilastro del proprio programma, la promozione della tutela delle micro e piccole imprese, le quali, tuttavia, all’esito del correttivo, sarebbero deprivate del principale strumento di loro accesso al mercato degli appalti pubblici;
incostituzionale laddove evidentemente contraria alla legge delega che perseguiva la massima apertura di detto mercato, proprio in funzione esplicitamente concorrenziale;
discriminatoria, in quanto consorzi di cooperative ed artigiani non risultano oggetto di analoghe limitazioni, essendo l’equiparazione dei consorzi stabili a tali similari forme di aggregazione ragionevole, prima che giusta;
contraddittoria rispetto alla volontà governativa espressa nel già citato art. 225, comma 13, del D.lgs. 36 / 2023;
anacronistica, giacché riporterebbe il modello consortile alla sua forma originaria, introdotta con la legge n. 109 / 1994, ma subito corretta, nella misura in cui disfunzionale alle esigenze di micro, piccole e medie imprese.
Quanto sopra non costituisce esegesi o asserzione, essendo il successo della qualificazione dei consorzi stabili, mediante la generale applicabilità del principio del c.d. cumulo alla rinfusa, verificabile per il tramite della consultazione di un qualsivoglia verbale di gara, nonché delle classifiche di qualsiasi stazione appaltante, dove tale tipologia di operatore economico primeggia sia tra i partecipanti, sia fra gli aggiudicatari.
Dunque, sfugge il motivo di cambiare ciò che funziona, penalizzando la piccola e media impresa – conclude Contessa – universalmente riconosciuta come peculiarità e forza del sistema produttivo nazionale. Siamo certi che il Governo, con il Presidente Giorgia Meloni, saprà intervenire con l’autorevolezza e la concretezza che la contraddistingue a tutela del tessuto produttivo pulsante del nostro paese, le PMI.
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