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Economia di guerra e attualità

ECONOMIA E SOSTENIBILITÀEconomia di guerra e attualità

In riferimento alle due crisi che si stanno succedendo, quella legata al Covid e quella
ucraina, spesso si parla di economia di guerra.
Ma cosa si intende per economia di guerra?
Il termine economia di guerra non si riferisce all’economia nel periodo bellico in
senso stretto, ma all’adeguamento del sistema economico alle necessità della guerra
e/o situazioni analoghe. Nell’economia di guerra, lo Stato sottopone a una
regolamentazione molto estesa l’economia di mercato, senza però sospendere del tutto né quest’ultima, né la proprietà privata dei mezzi di produzione o la libera
circolazione della manodopera.
Macron, Presidente della Repubblica Francese, si è spinto a invocare già per
l’emergenza Covid-19 la “mobilitazione generale”, “perché siamo in guerra”. Si
invoca, insomma, la creazione di una sorta di economia di guerra. A maggior ragione, poi, a seguito dei tristi venti bellici che stiamo attraversando.

La prima considerazione è proprio sul concetto di economia di guerra e su quanto
oggi è ad essa paragonabile. La nazione, attraverso i suoi organi costitutivi e dunque anzitutto attraverso gli atti dello Stato, decide di perseguire un obiettivo a cui vanno subordinati gran parte degli interessi individuali.
Questa esperienza, dunque, credo e soprattutto spero sia di importanza decisiva
perché insegna a tutti, non più soltanto ad una parte della popolazione (sia questa
parte individuata come si crede: classi, élites, ceti, partiti, gruppi, nazioni ecc.), che
l’opera collettiva può avere un obiettivo che va a beneficio di tutti ma che si può
raggiungere solo attraverso sforzi comuni e anzitutto attraverso l’azione dello Stato.
Tutto allora può diventare oggetto di emergenza sociale? La risposta è affermativa:
tutto può diventare frutto di emergenza sociale da affrontarsi con i mezzi tipici di una economia di guerra.

Basterebbe guardare la storia dello stato sociale del Novecento, certo. Ma l’evento
eccezionale, in particolare la crisi ucraina, ci ricorda che i diritti sociali sono stati
conquistati solo se considerati emergenze sociali improcrastinabili, cioè
tendenzialmente accettate da ogni singolo individuo.

Qualche considerazione sull’intervento dello Stato in economia. I commentatori
liberisti usano spesso il termine negativo di “statalismo”. Utilizzare questa
terminologia significherebbe rimanere intrappolati nell’ideologia liberista, che
appunto mette in un unico calderone l’intervento collettivo utilizzando la parola
“statalismo”. Lo Stato, invece, può e deve scegliere, ed ha scelto nel corso della
storia, molte forme di intervento economico e sociale per raggiungere i propri
obiettivi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanni Moccia
Giovanni Moccia
Nato a Salerno nel 1967, laureato in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Salerno con una tesi sperimentale sul Diritto Tributario Internazionale. Assistente presso la stessa cattedra negli anni 1994-1995. Dal 1995 ceo di MOCCIA CONSULENZE. Animatore in Campania di Sportelli per la Creazione d’impresa. Da febbraio 2011 è Presidente e co-fondatore di Centro Studi di Ricerche Economiche e Sociali Mondi Sostenibili.Dal 2015 co- fondatore della piattaforma di e-learning e di formazione frontale Exit Strategy. Dal 2020 co-founder della piattaforma naturalmentetipico.it per la valorizzazione dei prodotti tipici campani sui mercati esteri. Organizzatore e/o relatore di seminari sui temi della creazione d’impresa e della sostenibilità, è “giornalista” per diletto in quanto scrive per giornali, cartacei, on line e talvolta ospite di programmi radiotelevisivi nonché co- conduttore del programma Che Impresa! Su Radio Ponte Re-Generation.

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