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Gli Italiani che tornano, dove vanno? Cosa dicono i dati sul rientro dei cervelli e quali prospettive per l’imminente futuro alla luce della revisione delle agevolazioni

IMMEDIAPRESSGli Italiani che tornano, dove vanno? Cosa dicono i dati sul rientro dei cervelli e quali prospettive per l’imminente futuro alla luce della revisione delle agevolazioni

(Adnkronos) –
Milano, 11/09/2024 – Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a un fenomeno di grande rilevanza: il crescente ritorno di connazionali dall’estero, un flusso che ha modificato il panorama economico e sociale del Paese. Se da una parte gli incentivi fiscali introdotti nel 2019 hanno giocato un ruolo chiave nell’incoraggiare questo rientro, dall’altra vi sono considerazioni più profonde e complesse che spingono molti italiani a tornare a casa dopo aver trascorso anni, o addirittura decenni, all’estero. 

Il 2021 è stato un anno emblematico per questo trend, con un raddoppio dei rimpatri rispetto agli anni precedenti. A livello numerico, il fenomeno è stato significativo: dai circa 2-3 mila rientri annuali pre-pandemia, si è passati a oltre 6.500 italiani che hanno scelto di tornare in patria, mantenendo tale numero costante negli anni successivi. Questo aumento è stato alimentato non solo dalle agevolazioni fiscali del DL 34/2019 (il decreto cosiddetto “rientro dei cervelli, ormai praticamente dismesso, ndr), che hanno reso l’Italia una destinazione fiscale attraente per i “cervelli in fuga”, ma anche da una rinnovata volontà di contribuire allo sviluppo del proprio Paese, e di trovare un equilibrio tra vita professionale e personale in un contesto più familiare. 

Uno degli aspetti più interessanti di questo fenomeno riguarda l’ecosistema che si è sviluppato in Italia negli ultimi anni. Emilia Garito, ora membro dell’European Innovation Council (EIC), sottolineò come il ritorno di professionisti e imprenditori italiani stesse avendo un impatto positivo su vari settori, tra cui fotonica, intelligenza artificiale, le varie scienze dei nuovi materiali e l’elettronica. Tuttavia, Garito ha sempre messo in guardia sul fatto che attrarre talenti non sarebbe bastato: sarebbe infatti stato necessario creare un ecosistema capace di supportarli e di farli rimanere. In altre parole, per capitalizzare davvero su questo ritorno, l’Italia avrebbe doveva investire in un contesto economico e produttivo che non solo accogliesse, ma anche trattenesse i suoi talenti. 

Due esempi di successo, a vari livelli, in questo senso sono rappresentati da Miglioricasinoonlineadm.com e Satispay. 

●Il primo, un sito web nato dalla passione (e dal lavoro) di Tommaso Gangemi, amministratore ed Editor in Chief del progetto, che dopo oltre un decennio negli USA e le ossa fatte sul campo all’interno dei casinò online di Las Vegas e Atlantic City, ha scelto di “giocare in casa” e continuare a parlare e vivere della sua passione, i casinò online, tramite il suo portale dove parla dei migliori casinò regolamentati, questa volta italiani. 

●La seconda, una startup italiana nel settore dei pagamenti digitali, che ha saputo crescere e attirare talenti internazionali, tra cui molti italiani di ritorno; fondata nel 2013, Satispay è diventata un unicorno alla fine del 2022, un risultato che le ha permesso di competere a livello globale. Il CEO, Alberto Dalmasso, ha enfatizzato l’importanza di creare un ambiente lavorativo che favorisca un equilibrio tra lavoro e vita privata, un tema sempre più sentito soprattutto dopo la pandemia. Satispay ha investito in servizi di welfare aziendale per sopperire alle carenze del sistema nazionale, rendendo così più attrattivo il ritorno in Italia per molti professionisti che avevano lasciato il Paese in cerca di opportunità migliori. 

Ma il rientro in patria non riguarda solo giovani professionisti in cerca di migliori condizioni di vita e lavoro. Molti italiani che avevano scelto di stabilirsi all’estero anni fa, spesso per motivi familiari o per seguire una carriera, stanno rivalutando la decisione di rimanere lontani. F.B., un professionista nell’ambito IT che ha vissuto quasi dieci a Londra, è stato intervistato dalle nostre penne (e preferisce mantenere l’anonimato poiché il suo team in UK è interamente italiano e sarebbe facilmente rintracciabile) sta seriamente considerando l’idea di tornare in Italia, ma sente di star combattendo una battaglia persa da quando anche l’agevolazione fiscale che l’avrebbe visto protagonista nel nostro paese sembra esser venuta meno. Nonostante Londra resti un centro nevralgico per l’economia tech europea, le incertezze legate alla Brexit, al post-Covid e alla situazione economica generale stanno spingendo molti, come lui, a riconsiderare i benefici di vivere in Italia, soprattutto in termini di qualità della vita e valori sociali. 

Il ritorno in patria, tuttavia, non è privo di sfide. Sebbene il numero di italiani che rientrano dall’estero sia aumentato significativamente, il saldo netto tra chi parte e chi ritorna resta negativo, seppur in calo rispetto agli anni precedenti. Il rapporto della Fondazione Migrantes evidenzia come, nel 2021, 75.000 italiani siano rientrati, mentre 94.000 hanno lasciato il Paese, dimostrando che la “fuga dei cervelli” è un fenomeno ancora presente, anche se attenuato. 

Uno degli aspetti cruciali che continua a influenzare le scelte di chi decide di rientrare è il gap salariale tra l’Italia e il resto d’Europa. I dati di Almalaurea mostrano come un laureato italiano, a cinque anni dalla laurea, guadagni in media significativamente meno rispetto ai suoi omologhi europei, una disparità che rende difficile attrarre e trattenere talenti. Anche se le agevolazioni fiscali hanno contribuito a ridurre questa differenza, il divario resta un problema strutturale che necessita di soluzioni a lungo termine. 

Parallelamente, il Sud Italia, tradizionalmente percepito come una zona economicamente arretrata, sta vivendo un risveglio in termini di imprenditorialità e innovazione. Regioni come la Campania stanno emergendo come hub di startup, con numeri che competono con quelli delle regioni più sviluppate del Nord. Napoli, in particolare, si è affermata come la terza città italiana per concentrazione di imprese innovative, grazie anche alla presenza di numerose università e a un ecosistema che favorisce la ricerca e lo sviluppo. Questo fermento imprenditoriale nel Mezzogiorno potrebbe rappresentare una leva fondamentale per trattenere i giovani laureati e, allo stesso tempo, attrarre talenti dall’estero. 

 

Il richiamo delle agevolazioni fiscali, in particolare i maxi sconti sulle tasse, ha quindi attirato l’attenzione di un numero significativo di contribuenti, sebbene ancora esiguo in termini percentuali rispetto al totale. Secondo i dati più recenti, relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2022, sono stati circa 37.200 i soggetti ad aver beneficiato di questi regimi agevolati. Pur rappresentando solo lo 0,08% dei contribuenti complessivi, questa cifra segna una crescita notevole rispetto agli anni precedenti, con un aumento di oltre quattro volte rispetto ai dati del 2018 e un incremento del 55% rispetto al 2021. 

L’introduzione di regimi fiscali su misura ha avuto come obiettivo quello di attrarre talenti e contribuenti con elevata capacità di spesa, creando opportunità per un ristretto gruppo di persone. Tuttavia, queste agevolazioni non sono passate inosservate, soprattutto per le disparità che hanno creato all’interno del sistema fiscale italiano. Da un lato, le agevolazioni hanno cercato di rendere l’Italia più competitiva nell’attirare cervelli e capitali, ma dall’altro hanno sollevato questioni riguardo all’equità del sistema, dato che i benefici si concentrano su una minoranza senza offrire un sollievo significativo alla maggior parte dei contribuenti. 

Negli ultimi tempi, questo squilibrio è diventato sempre più evidente, tanto che il Governo ha deciso di intervenire con due provvedimenti significativi. Il primo è stato il decreto internazionalizzazione (Dlgs 209/2023), che ha riformato in senso più restrittivo i criteri per accedere ai regimi premiali, in particolare quello degli impatriati, nato con l’intento di riportare in Italia talenti e professionisti qualificati. Le modifiche introdotte hanno limitato l’accesso e ridotto i vantaggi fiscali, accorciando anche la durata del regime. 

Successivamente, il decreto Omnibus (Dl 113/2024), entrato in vigore poco prima della pausa estiva, ha raddoppiato la tassa piatta sui redditi prodotti all’estero per i cosiddetti “Paperoni” che decidono di trasferire la loro residenza in Italia. La tassa è passata da 100mila a 200mila euro all’anno, con la nuova normativa che si applica ai trasferimenti di residenza avvenuti dopo il 10 agosto 2024. Questo intervento si inserisce in un contesto più ampio di revisione dei regimi agevolati, con l’obiettivo di bilanciare meglio i benefici concessi e le esigenze di equità fiscale. 

Oltre ai cambiamenti normativi, è importante considerare le ricadute effettive di questi regimi sul sistema Italia. Ad esempio, l’agevolazione fiscale destinata a docenti e ricercatori ha coinvolto oltre 3.300 lavoratori, con un reddito medio lordo di circa 56.492 euro. Il regime degli impatriati, invece, ha beneficiato oltre 32.600 lavoratori dipendenti, con un reddito medio di 114.501 euro. Tuttavia, accanto ai benefici, sono emersi anche diversi casi di elusione fiscale che hanno contribuito a spingere il governo a rivedere le norme. 

Particolare attenzione è stata riservata ai redditi elevati, come quelli degli sportivi professionisti, che hanno sfruttato il regime degli impatriati per ridurre il loro carico fiscale. Nel 2023, infatti, erano 484 i professionisti sportivi che avevano dichiarato redditi sotto questo regime agevolato. Sebbene sulla carta il regime fosse pensato per attrarre professionalità con alta capacità di spesa e competenze elevate, i risultati reali in termini di ricadute economiche e sociali restano oggetto di discussione. 

 

In conclusione, l’Italia si trova in una fase cruciale in cui deve consolidare i risultati ottenuti finora, trasformando il rientro dei “cervelli” in un’opportunità di crescita sostenibile. Questo richiede non solo interventi fiscali mirati, ma anche una visione strategica di lungo termine che includa investimenti in settori chiave, la creazione di un contesto lavorativo attrattivo e il rafforzamento del welfare. Solo così il Paese potrà invertire definitivamente la tendenza alla fuga dei talenti, trasformando il ritorno a casa in una scelta non solo di cuore, ma anche di convenienza e opportunità. 

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