(Adnkronos) – 1 luglio 2024. «Il parere restrittivo appena rilasciato dal Comitato Nazionale di Bioetica sulla definizione di “trattamenti di sostegno vitale”, tra le condizioni di non punibilità del suicidio assistito secondo la sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale, è un monito autorevole e importante che accende un faro sul rischio, già attuale, di “ridurre la tutela del diritto alla vita soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili”, sottoponendo così “i soggetti fragili a una inaccettabile pressione, con una grave apertura nei confronti dei percorsi suicidari”. Bene, quindi, che il Comitato, mantenendo una rigorosa prospettiva bioetica, abbia ritenuto che tali trattamenti di sostegno vitale debbano essere “sostitutivi delle funzioni vitali”, la cui sospensione sia seguita dalla morte in tempi brevi, e non, invece, mere terapie farmacologiche o addirittura la semplice assistenza personale di terze persone, come sostenuto anche nel ricorso attualmente pendente davanti alla Corte Costituzionale, di cui si attende a giorni l’esito. Speriamo che la Corte accolga la prospettiva bioetica messa in luce dal CNB e non acceleri una tragica spirale eutanasica purtroppo da lei stessa avviata con la sentenza Cappato del 2019.»
Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, sul parere emesso lo scorso 20 giugno dal Comitato Nazionale di Bioetica in risposta al quesito avanzato dal Comitato etico territoriale della Regione Umbria il 23 novembre, in cui si chiedeva un chiarimento sui “criteri da utilizzare per distinguere tra ciò che è un trattamento sanitario ordinario e ciò che debba essere considerato un trattamento sanitario di sostegno vitale”.
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