37 anni fa, il 23 settembre 1985 veniva assassinato dalla camorra il giornalista napoletano Giancarlo Siani. Fin dai suoi primi articoli, Siani mostrò un impegno costante nel mondo sociale, mettendo in luce, grazie alla sua capacità nello scrivere, le ingiustizie sociali ed i soprusi dei violenti. Dopo un apprendistato giornalistico, riuscì ad ottenere il ruolo di corrispondente da Torre Annunziata (comune in provincia di Napoli) per la testata giornalistica de “Il Mattino”. Giancarlo Siani iniziò, così, ad osservare e documentare tutto ciò che accadeva nella città vesuviana che, in quel periodo, era coinvolta pienamente nella morsa della camorra.
Il 21 settembre 1980, fu la data in cui Siani firmò il suo primo articolo da Torre Annunziata. Da quel momento in poi, le continue denunce, che vennero messe nero su bianco da Giancarlo Siani, cominciarono ad infastidire l’ambiente camorrista e così improvvisamente, per la camorra le parole di un aspirante giornalista ventenne divennero un problema rilevante. La sera del 23 settembre 1985, mentre era ancora al volante della sua Citroen Mehari verde, Giancarlo Siani venne ucciso sotto casa da dieci colpi di pistola sparati da due uomini che, solamente 12 anni più tardi, la Giustizia identificherà come Ciro Cappuccio ed Armando Del Core, membri del clan Nuvoletta.
L’esempio di Giancarlo Siani
Nei suoi articoli, Giancarlo Siani denunciò più volte l’assenza dello Stato in un territorio controllato dallo Stato parallelo della camorra. Uno Stato che, oggi come allora, spesso si rifugia in gesti consueti che confinano la propria responsabilità e non la immettono nel quotidiano impegno consegnatogli dagli elettori. Il 23 settembre è solo una delle date che ogni anno rimbalza sulle pagine dei giornali a commemorare personaggi eroici e coraggiosi del nostro Paese e talvolta limitata a un parziale ricordo che sbiadisce pochi momenti dopo.
L’esempio di Giancarlo Siani, però, si inserisca tessera di memoria che possa costruire l’identità della nostra Nazione, l’Italia, e si unisca alla voce e ai gesti dei tanti altri che hanno condiviso la medesima battaglia e la identica tragica fine, perché possa essere monito all’edificazione quotidiana di una società giusta ed equa, che non necessiti delle vie traverse proposte dalla vita malavitosa per raggiungere un benessere, che si rivela poi solo momentaneo. 37 anni fa, la camorra tolse la vita a Giancarlo Siani, ma l’eco delle parole che, ancora oggi, si può sentire leggendo i suoi articoli è da monito per tanti aspiranti giornalisti che (come me) credono che una penna o una tastiera possano ancora raccontare la nuda verità.